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Uno degli obiettivi di noi allievi è acquisire la capacità di parlare di teatro e cinema con cognizione tecnica e con un ragionamento logico e coerente, che tenga conto delle poetiche e delle estetiche degli spettacoli e dei film a cui assistiamo come pubblico attivo.

Attraverso elementi di storia del teatro, Marcantonio Lucidi, critico teatrale e giornalista, costruisce un ragionamento sull’arte teatrale e sulle sue teoriche.

Il primo incontro di quest’anno è dedicato al dialogo su due film diretti da Ettore Scola: “Brutti, sporchi e cattivi” e “La terrazza”, che mostrano frammenti di vita delle baraccopoli romane a metà degli anni ‘70 da un lato, e la borghesia di sinistra dall’altro.

L’attore deve necessariamente essere un attento osservatore.

Questa è stata la premessa iniziale da cui è partito il discorso di Marcantonio Lucidi, il quale ha coinvolto gli allievi nel confronto tra i due film, diametralmente opposti.

Più divoriamo con i nostri occhi la vita quotidiana, più saremo in grado di individuare i dettagli di un film e di uno spettacolo teatrale, e di immergerci in essi.

Bisogna abituarsi a vedere tutto ciò che è fuori da noi, che ci circonda, e renderlo nostro.

E’ stato analizzato il movimento della macchina da presa, le ambientazioni ed i vestiti indossati in entrambi i film, il lavoro sul personaggio fatto da Nino Manfredi rispetto agli attori presi dalla strada in “Brutti, sporchi e cattivi”.

Scola scelse di affiancare attori professionisti a veri residenti delle baraccopoli romane per dare maggiore autenticità e realismo alla rappresentazione della vita degradata nelle borgate.

Ogni inquadratura sembra una cartolina di un frammento di vita ammuffito di cui si riesce a percepire il fetore.

Gli incontri di questo tipo, in accademia, li trovo essenziali per aiutarci a comprendere che tipo di attori vogliamo essere.

Non è un passatempo recitare, è pericoloso, è difficile.

Quando siamo in scena abbiamo una responsabilità: essere autentici, altrimenti a che gioco stiamo giocando?

E’ stata una lezione centrale anche per il lavoro che abbiamo iniziato al secondo anno sulla costruzione del personaggio: passare dalla persona all’attore e dall’attore al personaggio.

-R. II anno

 

È ormai noto ai più che il cinema e l’intero mondo della recitazione italiana stiano attraversando uno dei periodi più tragici della loro storia. Gli ultimi tagli ai fondi pubblici destinati al cinema da parte del governo Meloni hanno suscitato nuove proteste nel settore, accompagnate da segnalazioni estremamente preoccupanti che riportano una percentuale inaccettabile di lavoratori a rischio. Anche per questo, l’incontro con Marcantonio Lucidi è iniziato con una premessa in cui è stata brevemente ripercorsa la storia economica del cinema italiano a partire dagli anni Sessanta – anni di massimo splendore, che hanno visto Ettore Scola tra i principali esponenti – fino alla crisi dei nostri giorni. Da quanto ho compreso, la fase discendente del cinema italiano è iniziata nel 1965 con la Legge Corona e da allora non si è più arrestata. Sono dunque decenni che, contrariamente a quanto accade nel resto del mondo, il cinema italiano porta avanti una lotta contro governi che, per ragioni mai chiaramente esplicitate, non dimostrano fiducia nel settore né nella sua importanza.

La riflessione che mi è sorta dopo l’appuntamento con Lucidi riguarda soprattutto questo aspetto e, più che una riflessione, è un quesito che mi pongo (consapevole della mia ignoranza e inesperienza): è davvero solo colpa dei governi? Com’è possibile che un settore così ampio e, soprattutto, un tempo così amato dal popolo italiano non sia riuscito a “difendersi” dalla costante diffidenza di chi detiene il potere? Lucidi, discutendo de La terrazza di Scola, ha evidenziato come Sorrentino, decenni dopo, con “La grande bellezza”, non avesse fatto nulla di realmente nuovo, denunciando nuovamente il fallimento radicale della società borghese che caratterizza il mondo del cinema e, più in generale, dello spettacolo. Dunque si può concludere che, nonostante la crisi, nel corso degli anni non sia cambiato molto. Esiste ancora quel “circoletto” radical chic che, con sorrisi falsi, non riesce a ribellarsi a un sistema fallimentare e, in fin dei conti, preferisce accontentarsi di risolvere solo le proprie questioni personali.

Scola, ne “La terrazza”, ci mostra la società di cui egli stesso fa parte: una società che dovrebbe saper comunicare per arrivare a tutti, ma che ancora oggi fatica a far comprendere la propria importanza. Forse non basta dare la colpa a chi ci governa. Forse serve unirsi per ribaltare la situazione, distaccandosi da un modus operandi puramente superficiale, orientato unicamente al successo individuale. E forse, per iniziare a farlo, bisogna prima toccare il fondo.

-G. I anno